Quella cosa dei buoni propositi per l’anno nuovo mi ha sempre fatto pena. Mi ricorda i personaggi tristi che “da lunedì in palestra”, dopo aver preso sette chili in sette giorni di feste ed aver pagato con entusiasmo la famosa quota semestrale o annuale “perché conviene”. Tristi, non perché rimandano in continuazione l’espiazione delle presunte colpe e nemmeno perché sono ingrassati, anzi beati loro, grasso è bello se non è litigarello, dice il proverbio. Sono tristi perché vanno in palestra, stop, uno dei posti più deprimenti del mondo dopo la chiesa e il negozietto cinese sotto casa. Luoghi tra l’altro frequentatissimi, come appunto le palestre. Questo fondamentalmente perché tutti vogliamo farci un po’ del male se ne abbiamo l’occasione e luoghi del genere tirano fuori il male migliore che c’è in noi, non la cattiveria s’intende, ma il nostro lato nascosto, quello che vorremo non avere e che invece coltiviamo dietro l’angolo delle nostre debolezze. Se vai in palestra è perché non ti piaci abbastanza, se vai in chiesa è perché non piaci a dio, se vai dal cinese è perché non ti piace un cazzo.
Il mio lato nascosto, uno dei tanti oltre alla faccia, ha a che fare con i buoni propositi. Non mi è mai venuta l’idea di tirare le somme a fine anno, però mi sveglio ogni mattina con degli obiettivi a breve termine, piccoli o grandi che siano, e questo è male perché sto sempre ad inseguire qualcosa e, finché non lo raggiungo, non mi sento soddisfatto. Oltretutto, il mio lato nascosto, invece di combatterlo lo alimento, dato che gli obiettivi sono sempre tanti e si moltiplicano come i chili dei personaggi tristi della palestra. Come le preghiere. Come i cinesi.
Quindi io adesso sono pieno di buoni propositi e non perché siamo all’alba di un nuovo decennio ma perché forse sono un personaggio triste. Del resto, uno che si chiama Topper Harley non è di certo partito con il piede giusto. Nella vita proprio, sin da quando è nato, dentro questo spazio virtuale, sedici anni fa. Proprio il blog è il mio primo cruccio. Dovrebbe essere un habitat naturale, fatto di racconti e storie, e invece è diventato un portafotografie, nonostante la voglia di scrivere non si sia mai attenuata. Scrivo sempre meno qui e più altrove, tra agendine e fogli di carta e Word piantati in asso, ma vorrei invertire la tendenza, completare gli articoli che lascio in bozza, riempire la sezione dei viaggi con i diari che ho conservato, seguire i blog degli amici e magari cercarne di altri. Manca il tempo purtroppo e le altre cose in lista evidentemente hanno priorità maggiore. Oggi tuttavia mi sono armato di buona volontà, ho mangiato un panino in ufficio e sto dedicando la mia pausa pranzo a queste righe. Mi appresto a pubblicare un post vero, di parole vecchie e pensieri infantili, soltanto per coprire un buco e per ricordarmi che Topper non potrebbe esistere altrove, men che meno in palestra, in chiesa o dal cinese.
Se vuoi…