Potrei mangiare un piatto che mi piace per tutta la vita, ogni giorno, ogni volta che ho fame e anche quando non ne ho, così, per non annoiarmi. Potrei cibarmi di salumi e formaggi da qui al resto dei miei giorni così come di pizza e patatine. O di sushi, onigiri, tempura e takoyaki. Berrei solo birra o latte freddo senza zucchero. Niente acqua. Amo l’acqua ma è un peccato sprecarla per bere. Meglio usarla per fare la birra o per nuotarci, immergersi, lavarsi o congelarla per fare i cubetti di ghiaccio.
Questo antipasto per spiegare perché a Berlino ho mangiato currywurst tutti i giorni, anche più volte al giorno, anche a colazione. Forse volevo integrarmi con la gente del posto. Forse volevo integrarmi con il wurstel. Alla fine ho integrato quattro-cinque chili di peso che solo tra un mese potrò smaltire camminando verso Santiago per ottocento chilometri. Con cinque grammi a chilometro dovrei farcela a recuperare il peso forma.
Il currywurst è unico nella sua semplicità, un po’ come tutta Berlino, come qualcosa che da qualche parte hai già visto ma non hai visto e gustato allo stesso modo e soprattutto non tutto insieme. Insomma mi è piaciuta. E’ difficile che un posto nuovo non mi piaccia e questo era un posto nuovo. Questo invece è un post nuovo. A Berlino ci andrei a vivere per l’omino del semaforo. Non ci andrei a vivere per la lontananza dal mare. Ci andrei a vivere per la dinamicità della gente e delle idee che dettano i tempi invece di seguirli. Non ci vivrei per il freddo inverno. Ci vivrei per l’aria di libertà che si respira o almeno per quella che ho respirato. C’è quel muro. Dalle mie parti i muri li alzano con la scusa di proteggerci e la prontezza di scavalcarli per dimostrare di esserne capaci, lì li hanno semplicemente abbattuti. Vent’anni fa. Onestamente sembrano più avanti. C’è la raccolta differenziata, quella che funziona. Penso ai rifiuti di Napoli e penso ai colori dei bidoni per strada solo per il vetro: bianco per il vetro chiaro, verde per il vetro verde e marrone per il vetro scuro, oltre agli altri colori classici per carta, plastica e umido. I rifiuti colorati. Funziona anche il vuoto a rendere: per strada non si trovano bottiglie perché una bottiglia vuota può valere fino a 20 centesimi. Dalle mie parti il vuoto a rendere è solo una canzone ed è pure orrenda. Ci sono le biciclette (tante) e le macchine (poche), il traffico non esiste e un colpo di clacson a trecento metri dà fastidio per quanto è inusuale. Ci sono strade con centinaia di locali uno accanto all’altro che spesso offrono lo stesso cibo. Currywurst docet. Qualcuno ogni tanto chiude, è fisiologico, ma quasi tutti lavorano e lavorano bene. Che altro dire? Niente. Non andrò a vivere a Berlino, resto qua e qua finisce la mia recensione della vacanza in terra germanica.
Nemmeno la volevo fare questa recensione, se così si può chiamare, non ne sono capace. Ma volevo mettere la bandierina qui sotto per ricordarmi di un altro viaggio che ho fatto e poi mi serviva un valido argomento per scrivere. Argomenti in realtà ne avrei tantissimi ma sono proprio questi argomenti che mi tengono lontano dal blog. Argomenti interessanti e impegnativi che vogliono tempo, masticano spazi del giorno e della notte e portano la testa a guardare al di là dello sfondo nero e dei caratteri rossi. A volte non vedo niente, altre vedo un viso carino che piange e che vorrei sorridesse sempre, altre ancora vedo mappe di strade infinite, incrociate, incognite e incazzate, spesso vedo me stesso, adesso vedo un currywurst.
Se vuoi…