Tunisi, Sousse e Port El Kantaoui, El Jem, Sidi Bou Said, Monastir, Douz, Cartagine, Matmata, Tozeur, Kébili, Chebika, Tamerza: questi sono i luoghi della Tunisia di cui mi è rimasta traccia. Poca roba. Trova comunque spazio tra i diari di viaggio che in questo periodo mi sono deciso a pubblicare, senza fretta, sul blog.
Era il 2003 ed io, ad eccezione di una breve vacanza a Parigi, non ero mai stato all’estero. Per l’occasione mi ero munito, per la prima volta, di un quadernetto per prendere appunti sull’esperienza che mi apprestavo a vivere. Beh, a parte due righe in aeroporto alla partenza, non avrei scritto altro. Conservo ancora quel quaderno.
Tramite un’agenzia di viaggi (al tempo funzionavano alla grande!) avevamo trovato un pacchetto last minute ad un prezzo stracciato. Siamo partiti un paio di giorni dopo aver visto il volantino. Avevo la mia prima fotocamera digitale, una Olympus che non sapeva nemmeno cosa fossero i megapixel, un giocattolo oggi improponibile. Non ero un viaggiatore, ero un turista e di quelli più commerciabili. Ogni cosa era una scoperta, il che ha anche un suo fascino. Ma è un aspetto ingenuo, che a volte impedisce di muoversi liberamente. Non sapevo niente del mondo e il mondo, giustamente, mi ignorava. Le foto, al di là della qualità, per la quale posso incolpare la fotocamera, dimostrano quando fossi banale. Credo che i nostri scatti siano un segno identificativo del nostro essere, del modo in cui osserviamo il mondo circostante. Un po’ come le nostre scarpe mostrano dove vogliamo andare ed in quale maniera stiamo al mondo. Una fotografia, se sappiamo guardare, afferra quello che i nostri occhi riescono a vedere. Una fotografia inutile non afferra niente, perché non siamo capaci di usare gli occhi. Nel caso della Tunisia, non ero nemmeno in grado di guardare oltre il mondo perfetto che ci veniva propinato dalle guide. Ma ero inesperto, ero più giovane, non avevo mai viaggiato, non sapevo scattare. Non avevo occhi che per me stesso, non vedevo. E proprio perché non vedevo, non mi accorgevo che la mia storia stava giungendo al capolinea. Di lì a un anno sarebbe andata sempre peggio, avrei sofferto e, alla fine, avrei aperto questo blog. Sarei morto e sarei rinato, prima come Topper Harley, poi come Alessandro.
Tutto questo lo scrivo ora, in un giorno qualunque del 2015. Sono ricordi lontani, ne è passata di acqua sotto i ponti. Anche sopra. Ho riacquistato la vista da anni, migliorandola. Ho imparato a guardare, a spostarmi, a cambiare punto d’osservazione, a chiudere gli occhi se necessario. Guardo meglio non solo al presente ma soprattutto al passato e sì, quelle foto facevano proprio schifo.
Se vuoi…